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Gianluigi Rosafio nuovo collaboratore di Green My Mind

    Cos’è l’ecomafia e quali sono i reati più comuni contro l’ambiente? Leggendo questo approfondimento offerto da Gianluigi Rosafio ci rendiamo conto che la questione dello smaltimento dei rifiuti e della salvaguardia dell’ambiente si legano spesso, nel nostro paese, ad una questione delicata e grave, quella delle “ecomafie”. “Ecomafia” è un termine di recente creazione, nato per volontà di Legambiente, l’associazione ambientalista; la parola identifica e mette in evidenza quali sono “tutte le attività illegali delle organizzazioni criminali di stampo mafioso che arrecano danni all’ambiente”.

    Gianluigi Rosafio è il giovane blogger dell’università di Bari che a soli 27 anni ha iniziato a collaborare con la prestigiosa testata scientifica “Green My Mind” pubblicata nel Regno Unito.

    Le prime notizie legate alle attività illecite delle ecomafie, scrive Gianluigi Rosafio, risalgono al 10 settembre 1982, quando fu emanato il Decreto numero 915 del Presidente della Repubblica recante la denominazione “Attuazione delle direttive (CEE) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi”.

    Risalgono, invece, al 1991 i prime reati che legano la mafia ai rifiuti e all’ambiente, quando sei imprenditori ed amministratori subirono una condanna da parte della Settima Sezione del Tribunale di Napoli per abuso d’ufficio e corruzione seppur assolti dal reato di associazione mafiosa. Tuttavia, la parola ecomafia si diffonde in Italia per la prima volta nel 1994, all’interno di un documento diffuso dall’Associazione Italiana Legambiente. La pubblicazione dal titolo “Le ecomafie – il ruolo della criminalità organizzata nell’illegalità ambientale”, era stato messo a punto da Legambiente, con il supporto di Eurispes e dell’Arma dei Carabinieri. Tre anni dopo, nel 1997, fu diffuso il primo Rapporto Ecomafia di Legambiente; da quel momento, il report viene preparato e diffuso annualmente, portando all’attenzione di tutti l’attuale situazione in Italia, in tema di reati legati all’ambiente da parte della mafia. Nel 1995, poi è stata creata la “Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti”. Dieci anni dopo, nel 2015 per la precisione, è stata approvata la Legge 68/2015, che contrasta per la prima volta la criminalità ambientale, sia come forma di prevenzione, che come strumento di condanna e repressione (scopri l’indice di Green My Mind).

    Gianluigi Rosafio: il ruolo della disposizione normativa

    Proprio questa disposizione normativa ha consentito di inserire nel secondo libro del Codice Penale un nuovo Titolo, denominato il VI-bis, che parla unicamente di delitti contro l’ambiente. “Le nuove fattispecie di reato previste” sono: l’Inquinamento ambientale, che prevede una pena detentiva da due a sei anni ed il pagamento di una multa da 10.000 a 100.000 euro. Essa viene a “chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna”. Qualora l’inquinamento “sia prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico,ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette” e causi “morte o lesioni personali (tranne nei casi in cui si determini una malattia di durata inferiore a venti giorni) come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale”, la pena prevede delle aggravanti. Al contrario, la pena verrà ridotta se “i fatti sono commessi per colpa o nel caso in cui da tali condotte colpose derivi soltanto il pericolo di inquinamento ambientale”; Disastro ambientale, che comporta la pena del carcere da cinque a quindici anni. Per disastro ambientale si intende: l’alterazione irrimediabile dell’equilibrio di un ecosistema; “l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali”; “l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo”. Subentrano, poi, delle aggravanti di pena se il disastro riguarda “un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette”.

    Al contrario, sottolinea Gianluigi Rosafio, c’è una diminuzione di pena se subentrano la colpa e “nel caso in cui da tali condotte colpose derivi il pericolo di disastro”; traffico ed abbandono di materiale altamente radioattivo: in questo caso, la pena prevede la reclusione da due a sei anni e con la multa da 10.000 a  50.000 euro per chi “abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività”. La pena subirà ulteriori aggravanti, se si concretizzano il “pericolo di compromissione o deterioramento delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna” e vengono messe in serio pericolo la vita o la sicurezza delle persone; Impedimento del controllo, che prevede una pena detentiva che va da sei mesi a tre anni. Essa riguarda chi “negando l’accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce, intralcia o elude l’attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro, ovvero ne compromette gli esiti”; omessa bonifica, la cui pena prevede la reclusione da uno a quattro anni e la relativa multa da 20.000 a 80.000 euro. Questo reato riguarda “chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o recupero stato dei luoghi”.

     

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